Una cavalcata storica attraverso i secoli più bui delle terre piemontesi
Nel corso dei secoli il Piemonte è stata una terra di passaggio e di conquista per molti eserciti stranieri e per molti popoli invasori.
Una terra di frontiera come la nostra, punto-chiave di passaggio per il valico delle Alpi e per l’accesso nella Pianura del Po, non poteva non suscitare bramosìe nei cuori di quei condottieri che per secoli si contesero il dominio della nostra penisola.
Abitata sin dagli albori della sua storia da tribù gallico-celtiche i cui antichi nomi ancor oggi stanno alla radice di quelli di tante odierne città e paesi, la “terra ai piedi dei monti” fu poi invasa e conquistata dalle invincibili legioni di Roma. I nostri antenati Taurini, Salassi, Masselli, Vagienni, Caburri, insieme a moltissimi altri, si difesero valorosamente, combattendo con indomito ardore contro le legioni romane.
Invocando divinità terribili come Lug e Samhain, correvano incontro ai legionari invasori agitando poderose scuri e lunghe spade dalla lama piatta, e con tali micidiali armi riuscirono anche ad infliggere dolorose perdite ai conquistatori… Ma nonostante tutto il loro valore e tutto il loro eroismo vennero sconfitti! I legionari di Roma vinsero, schiacciarono i nostri antichi antenati sui campi di battaglia ai piedi del Monviso e nelle pianure del vercellese, piegando la loro ostinata resistenza e trasformando il Piemonte in un dominio romano.
La civiltà di Roma fu “imposta” dalla forza bruta delle armi: se molti nostri avi si piegarono al duro giogo romano ed accettarono di collaborare con gl’invasori, molti altri si rivelarono invece irriducibili avversari del potere di Roma, si dettero alla macchia e condussero una logorante guerriglia contro le odiate truppe di occupazione. Quando, nel 218 a.C., il cartaginese Annibale valicò le Alpi e, scendendo in Piemonte, portò la guerra nel cuore stesso della potenza di Roma repubblicana, e cioè in Italia, migliaia di galli e di celti del Piemonte si unirono alle armate del condottiero punico, visto come un liberatore dei popoli italici dal duro dominio di Roma. Ma si trattava solo di un sogno… Dopo aver sconfitto più volte i Romani, Annibale decise di non attaccare l’Urbe e fece ritorno in patria. Pochi anni dopo Cartagine fu distrutta dai Romani e il prode cartaginese, fuggito in Bitinia, si avvelenò pur di non cadere vivo nelle mani dei suoi tanto avversati nemici.
Sotto i Romani il Piemonte, a parte la parentesi dell’impresa di Annibale, godette di lunghi secoli di pace e di prosperità. Città come Torino, Asti, Alba, Susa, Ivrea, Vercelli (solo per citarne alcune) vennero tutte fondate in epoca romana. Ma con la fine della Repubblica e l’instaurazione dell’Impero, la potenza di Roma si avviò lentamente verso la ineluttabile decadenza, e il Piemonte, piccola provincia italica, la seguì nel suo tragico destino.
Nel 406 d.C. si ebbe la prima terribile invasione barbarica: le orde dei Burgundi calarono sulla Savoia e sul Piemonte settentrionale, mettendo a ferro e fuoco tutto ciò che incontrarono sul loro cammino. Poi, nel 410 d.C., Alarico e i suoi Visigoti invasero l’Italia da Est. Scesero sino a Roma e la saccheggiarono. Quindi, risalirono la penisola da Ovest, dilagarono in Piemonte devastando l’intera regione e poi, attraversata la Gallia meridionale, giunsero in Iberia, dove si stanziarono.
Ma quelle dei Burgundi e dei Visigoti, con tutto il loro tragico corteo di orrori che le caratterizzò, furono soltanto le prime di una lunga serie di devastazioni che si susseguirono drammaticamente nei decenni successivi…
Dopo il secondo saccheggio di Roma, avvenuto ad opera di Genserico e dei suoi Vandali nel 455, l’erulo Odoacre, generale barbaro delle truppe di Roma, depose l’ultimo imperatore romano, l’inetto ed insulso Romolo Augustolo. Era il 476 d.C.. Il Piemonte settentrionale era saldamente in mano ai feroci Burgundi, mentre quello meridionale passò dapprima sotto il controllo di Odoacre, poi, quando il re degli Ostrogoti, Teodorico, invase l’Italia nel 493, giacque sotto il dominio di questi barbari ariani sino al 553, anno in cui ebbe termine la lunghissima guerra tra Goti e Bizantini voluta dall’imperatore Giustiniano. Così, l’Italia e il Piemonte finirono sotto il dominio dei Greci d’Oriente.
Se sotto la tirannìa gota le popolazioni del Piemonte ebbero a soffrire per le continue guerre e perché sottomesse a dominatori feroci e brutali, rozzi nell’applicazione delle loro barbare leggi e spietati nel reprimere ogni anelito di ribellione, sotto il giogo dei Bizantini la situazione peggiorò ulteriormente… Il rapace fiscalismo dei Greci suscitò numerose sommosse tra gli abitanti dei villaggi della nostra regione: in Val di Susa, nella pianura del vercellese, nella stessa Torino scoppiarono sanguinose rivolte contro i Bizantini, i quali le soffocarono crudelmente. Ma il dominio bizantino in Italia non durò a lungo: nel 568 Alboino, re dei Longobardi, invase la penisola, sconfiggendo le truppe di Bisanzio e conquistando una città dopo l’altra. Anche il Piemonte conobbe ben presto gli orrori dell’invasione longobarda: Torino e Susa furono espugnate dopo lunghi assedi, villaggi e campagne furono devastati, numerose furono le stragi ed altrettanto alto fu il numero dei nostri antichi antenati che vennero ridotti in schiavitù. Sembrava che una misteriosa maledizione si fosse abbattuta sull’Italia e sul nostro Piemonte…
Il giogo dei Longobardi, inizialmente, fu durissimo, truce, spietato, poi, man mano che gl’invasori andavano civilizzandosi, scemò di brutalità, anche se era chiaro che i Longobardi restavano i padroni mentre i nativi non erano altro che umili schiavi. La suddivisione sociale longobarda tra arimanni (uomini liberi e guerrieri), aldi (contadini semiliberi, che però non potevano allontanarsi dalla terra che coltivavano) e schiavi (legati ai voleri e ai capricci dei loro padroni), fu applicata anche in Piemonte, terra che venne sottoposta all’autorità del Duca di Torino. Ma fu proprio durante il dominio longobardo che il nostro Piemonte iniziò ad essere una terra contesa per la sua ambita posizione geografica.
Nella vicina Gallia si era frattanto consolidato il Regno dei Franchi, da cui fu dato al paese l’attuale nome di Francia. Il controllo dei valichi alpini e il possesso del Piemonte (dopo quello della Savoia già sottratto ai Burgundi) divennero essenziali per i Franchi, onde garantire la sicurezza del loro regno anche ad Occidente. Intervenendo continuamente in difesa della Chiesa di Roma nelle aspre contese tra questa e il Regno longobardo, i Franchi trovarono il pretesto per agire militarmente contro i loro rivali.
Nel 774, alla testa di un numeroso esercito, il re franco Carlo Magno, scendendo attraverso i valichi alpini, raggiunse la Chiuse di Susa, dove sbaragliò la resistenza longobarda e dilagò nella Pianura Padana, conquistando nell’estate dello stesso anno anche Pavia, capitale del Regno longobardo, e catturando il re Desiderio.
Con il crollo del Regno longobardo, il Piemonte, come gran parte dell’Italia settentrionale, finì dunque nelle mani dei Franchi, i quali non furono certo dominatori più generosi e meno spietati dei Longobardi, anche se il loro duro governo militare riuscì a garantire alla regione una certa sicurezza dal pericolo di nuove invasioni.
Ma nel corso dell’XI° secolo, ecco che il Piemonte divenne teatro di nuove sanguinose scorribande da parte di altri feroci invasori, caratterizzate però, questa volta, più da bramosie di devastazione e di saccheggio che non da veri e propri progetti di conquista e di dominio. Mi riferisco alle scorribande dei Saraceni e degli Ungari.
I primi, musulmani, risalirono il Po con barche e piccoli vascelli, mettendo a ferro e fuoco città e villaggi, e pare che siano giunti a saccheggiare anche paesi della nostra zona, come Villafranca, e che si siano spinti sino all’imbocco della Val Chisone, razziando i territori degli attuali comuni di Porte e San Germano. Altri saraceni compirono razzie nel Piemonte meridionale, provenendo dalla Provenza e dalla Liguria.
Più nebulose e leggendarie sono le scorrerie degli Ungari, una popolazione di origine mongolia che, dopo essersi stanziata in Pannonia (l’attuale Ungheria) compì saccheggi e razzie in tutta l’Italia del Nord, giungendo sino ai piedi delle Alpi piemontesi e lasciandosi dietro una tragica scia di stragi, di incendi e di devastazioni, persino nei territori degli odierni comuni di None, Cumiana, e Paesana.
Una storia estremamente tormentata, dunque, quella del nostro antico Piemonte. Una storia di invasioni straniere, di domìni di barbari guerrieri, di atrocità e di distruzioni, di saccheggi e di crudeltà che segnarono profondamente le dure e misere esistenze dei nostri avi. Ma noi contemporanei abbiamo il compito di divulgare e di rendere note ai più le tragiche vicende di quei secoli bui, affinché ogni piemontese sappia, conosca, ricordi da quante stragi e da quanta terribile violenza è stata contrassegnata la storia antica della nostra regione, di questa nostra “terra ai piedi dei monti” che, nel corso dei secoli, ha sempre suscitato tanta bramosia da parte di re, invasori e conquistatori provenienti da ogni angolo d’Europa.
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